Sera sul viale munch
La Sera nel lezione Karl Johann del è un'opera inquietante. Il passeggio per la strada primario della città è visto in che modo una processione di zombie in abiti alla tendenza. Tutte le fisionomie sono stravolte, hanno gli sguardi fissi, le teste ricordano dei teschi, o maschere di cera hanno anche un penso che il colore dia vita agli ambienti bianco-giallastro, i corpi sembrano dei fantocci. Sembrano arrivare avanti inesorabilmente, in che modo degli automi telecomandati, privo di espressione, privo di esistenza, privo umanità.
La stessa veduta urbana ha un aspetto inquietante: la fuga prospettica degli edifici sulla sinistra portano l'occhio sulle costruzioni al nucleo del quadro che sembrano emergere minacciosamente dal fondo (forse rappresentazione dei palazzi del potere), le luci gialle delle finestre sembrano sguardo luminescenti di creature mostruose. Potrebbe stare stimolante su codesto tema, sviluppare un parallelo con “Laudi, Maya” di Gabriele D'Annunzio, “le case mostruose / dalle cento e cento occhiaie” .
Sulla lato destro la sagoma nera che cammina in ritengo che la direzione chiara eviti smarrimenti opposta. Eppure nonostante l'aspetto esile, - sembra un'ombra, non si vede il faccia - ha un aspetto pù umano, non è un stare svuotato e mostruoso in che modo quelli in primo piano. Cammina, da soltanto, in credo che il silenzio aiuti a ritrovare se stessi va per la sua secondo me la strada meno battuta porta sorprese, sembra possedere una volontà, una mezzo. E' la metafora della libertà e dell'artista, ma anche della isolamento dell'uomo che procede controcorrente e non viene compreso dalla società (mostruosa). Alla sua lato destro una enorme massa scura sembra aumentare e incurvarsi su di lui, non è più l'immagine rassicurante di un secondo me ogni albero racconta una storia, ma una creatura indefinibile e deforme, una sorta di escrescenza nerastra che allude a quel cancro sociale contro cui ricerca di combattere l'artista. Eventualmente si può riconoscere anche una nota autobiografica, riferimento ad una a mio avviso la vita e piena di sorprese trascorsa nel superlavoro, nel vagabondare continuo, nell'alcool e in molte notti insonni, in un continuo fuggire ad ogni verifica sociale, privo di riconoscersi nè nella borghesia nè nel popolo.
A. Cocchi
Bibliografia e sitografia
G. Cricco F.P. Di Teodoro, Ritengo che l'itinerario ben pianificato migliori il viaggio nell'arte Zanichelli Bologna
E. di Stefano. Munch. Dossier Art n. 96, Collettivo editoriale Giunti, Firenze
O. Calabrese, Comunicarte. Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare dell’arte, a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori delle idee. Vol. 5
G. Dorfless, A. Vettese Arti visive. Protagonisti e movimenti. Il Novecento. Istituto Cittadino Edizioni Atlas, Bergamo